aritmie cardiache

FIBRILLAZIONE ATRIALE

che cosa è

quando si presenta

perché accade

come si manifesta

come si cura

ictus nella f.a.

terapia di prevenzione dell'ictus

 

F I B R I L L A Z I O N E   A T R I A L E

 

Che cosa è

Nel soggetto normale  il ritmo  è regolare e ciascun battito cardiaco è separato dall'altro da un intervallo di tempo sempre uguale: ciò è possibile per l'esistenza, nel cuore, di un "pacemaker" (segnapassi), localizzato in una piccola struttura, detta "nodo del seno" (per cui si parla di "ritmo sinusale"), che batte come un metronomo, pur essendo in grado di modificare la frequenza delle pulsazioni (bradicardia o tachicardia), in rapporto alle variabili esigenze dell'organismo.

Nel soggetto con fibrillazione atriale il segnapassi non è più funzionante ed il governo del cuore viene assunto da una disordinata attività elettrica, che si sviluppa negli atri. Ne consegue un ritmo totalmente irregolare, per cui i battiti sono separati da intervalli sempre diversi tra loro. Infatti la fibrillazione striale (FA) viene definita come una totale desincronizzazione dell’attività atriale determinata dal formarsi di piccole onde che si propagano in direzioni differenti, causando una depolarizzazione striale disorganizzata con assenza dell’onda P all’elettrocardiogramma e di un’effettiva contrazione atriale.

Copyright Dr. Enzo Boncompagni, MD, Cardiologo - www.cardiologiapertutti.org

quando

si presenta

La fibrillazione atriale è presente nell’1% delle persone con più di 60 anni ed in oltre il 5% dei pazienti di età superiore a 69 anni. L’incidenza correla con l’età; ad esempio fra i 55 e i 64 anni si hanno 2,5 nuovi casi per 1000 persone per anno.

Le cause della fibrillazione atriale vanno ricercate in molte malattire del cuore che danneggiano gli atri, tra esse le condizioni patologiche che producono:

Poiché la frequenza delle cardiopatie aumenta con l'età, è facile comprendere anche l'aumento della aritmia in questione con il passare degli anni

Si distinguono due forme di fibrillazione atriale : la forma parossistica, nella quale l'anomalia si presenta transitoriamente (per alcune ore o per giorni), con successivo ritorno ad un ritmo regolare, e la forma stabilizzata, nella quale l'aritmia è stabile nel tempo.

Una forma particolare è la  fibrillazione atriale neurogenica,

 Lone fibrillation <== traduci Þ  è la presenza di fibrillazione atriale in assenza di causa nota, quindi è una diagnosi di esclusione. La sua incidenza oscilla tra il 3 e l’11% di          tutti i casi di fibrillazione atriale; non è associata ad incremento del rischio di scompenso cardiaco o cardiopatia ischemica, ma si associa ad aumento del rischio di ictus nei pazienti con età > 60 anni.

perché

accade

L’ipotesi che ha trovato più riscontri nello spiegare le alterazioni elettrofisiologiche che avvengono nella fibrillazione atriale è quella di MOE: il rientro di molteplici impulsi, migranti circolarmente attraverso gli atrii, determina un’attività elettrica continua; quando gli impulsi sono più di 6, la fibrillazione atriale si mantiene; è importante ricordare che la lunghezza d’onda degli impulsi  (o il prodotto tra velocità di conduzione e periodo refrattario) sono i determinanti chiave per il mantenimento della fibrillazione atriale.

 

Durante un episodio di FA si può riscontrare:

La persistenza della fibrillazione atriale determina l’insorgenza di modificazioni cellulari e tissutali parzialmente reversibili con il ritorno al ritmo sinusale.

come  si manifesta

La mancata contrazione ritmica degli atri, che si contraggono ad una frequenza altissima, 250-300 al minuto, comporta una mancata funzione di pompa atriale a causa della troppo elevata frequenza di contrazione. Il cuore non potrebbe svolgere la sua funzione di pompa ventricolare a frequenze così elevate.
Non tutti i pazienti presentano un quadro clinico associato all’episodio aritmico; fino al 50% delle fibrillazioni atriali vengono diagnosticate casualmente, in totale assenza di sintomatologia.

La presenza di sintomi dipende infatti da:

  1. frequenza della risposta ventricolare, cioè in che grado gli stimoli atriali vengono condotti ai ventricoli;

  2. funzione cardiaca, in quanto un paziente di giovane età può sostenere con minore affaticamento cardiovascolare un episodio di FA rispetto ad un paziente più anziano o magari con scompenso cardiaco;

  3. patologie concomitanti;

  4. percezione individuale.

La sintomatologia maggiormente riferita dai pazienti comprende cardiopalmo, lipotimia, affaticamento, dispnea e segni di disfunzione ventricolare sinistra (quando c’è una elevata risposta ventricolare).

Tre sono i principali effetti negativi della fibrillazione atriale:

  1. la rapidità della frequenza ventricolare può rendere inadeguato il tempo di riempimento diastolico, determinando un calo della portata cardiaca;

  2. il contributo atriale al riempimento ventricolare è perso, venendo a mancare una contrazione regolare degli atri il riempimento delle cavità cardiache risulta incompleto, e ciò può facilitare lo scompenso di cuore;

  3. negli atri fibrillanti, in genere dilatati, si può avere un rallentamento del flusso sanguigno, che, a sua volta, facilita la formazione di coaguli (trombi atriali); tali trombi si possono staccare ed essere trasportati dalla corrente sanguigna (emboli), raggiungendo successivamente organi distanti (ad esempio il cervello o gli arti inferiori)  Le conseguenze di tali embolie possono essere molto severe, per cui si rende necessaria, nei soggetti con fibrillazione, una "terapia anticoagulante", per prevenire la formazione dei trombi, da attuarsi ovviamente sotto stretto controllo medico.

come si cura

Quattro sono gli aspetti del trattamento della fibrillazione atriale:

a) il controllo della frequenza ventricolare: il primo obiettivo terapeutico è il controllo della frequenza ventricolare qualora sia elevata. In questi casi.è una priorità, in quanto l'elevata frequenza ventricolare è l'aspetto più deleterio. Corregge questa situazione la presenza del nodo atrioventricolare che di tutti i numerosi impulsi che riceve, lascia passare, nei fasci ventricolari di eccitazione (branca destra e branca sinistra) solo 70-80 impulsi in media, anche se in un modo irregolare, non ritmico.

b) il ripristino del ritmo sinusale: può essere ottenuto per via farmacologica (specie con l'amiodarone e gli antiaritmici della classe I) od elettrica, con cardioversione (esterna o interna). Tuttavia, la riuscita è meno probabile qualora l'aritmia sussista da lungo tempo, con una marcata dilatazione degli atrii ed una patologia organica. Spesso si hanno recidive nei mesi successivi;

c) il mantenimento del ritmo sinusale: si sono rivelati validi vari agenti antiaritmici della classe I e l'amiodarone, che però può causare gravi effetti collaterali e proaritmici. Altri agenti, come il betabloccante sotalolo, hanno meno effetti collaterali ma sono anche meno efficaci; quanto alla digossina, non previene le recidive;

d) l'anticoagulazione: è un aspetto importante della terapia, a causa del rischio di trombosi. Tuttavia, i suoi benefici sono controversi: nei pazienti con fibrillazione atriale primaria, i rischi di tromboembolismo sono bassi e può bastare l'aspirina. Qualora si proceda a cardioversione elettrica, è raccomandabile seguire la terapia anticoagulante nel mese precedente ed in quello successivo, salvo in caso di aritmia recentissima, insorta da meno di 24 ore. Nei pazienti in cui l'anticoagulazione tradizionale è sconsigliata, si può ricorrere all'ecografia trans-esofagea per escludere la presenza di trombi nell'atrio.

annotazioni sulle terapia nella fa.

I farmaci di scelta includono il verapamil, il diltiazem, i beta-bloccanti o la digitale. In particolare:

Nei pazienti dove è accertata la presenza di fibrillazione atriale da meno di 48 ore o che non presentano trombi sulla parete atriale, è possibile procedere alla cardioversione al ritmo sinusale, che può essere farmacologica o elettrica.

Nel caso di pazienti con fibrillazione asintomatica e con rivelazione accidentale non è possibile, tranne in casi particolari (in regime di ricovero, a esempio, con ripetuti ECG), risalire al momento dell’inizio dell’aritmia; in questo caso, a meno che non si accerti l’assenza di trombi intracavitari con una ecografia transesofagea, non è possibile ripristinare il ritmo sinusale senza prima scoagulare il paziente.

In caso di cardioversione farmacologica, i farmaci di prima scelta sono la chinidina, la procainamide, la disopiramide, il propafenone, il sotalolo, la flecainide e l’amiodarone. Non ci sono certezze riguardo alla superiorità di un farmaco rispetto ad un altro, quindi la scelta dovrebbe essere individualizzata sul paziente. La digitale, il verapamil, il propanololo e l’esmololo sono di solito raramente in grado di ripristinare il ritmo sinusale.

Nei pazienti con WPW la FA rappresenta un sottogruppo ad alto rischio di morte improvvisa se la risposta ventricolare è eccessivamente rapida. La digitale, i calcio-antagonisti, i b-bloccanti sono inefficaci ed anzi possono determinare un arresto cardiaco, mentre la procainamide rappresenta il trattamento di scelta. Se il paziente è emodinamicamente instabile, il trattamento di scelta è la cardioversione elettrica.

La cardioversione elettrica è la tecnica a più elevata percentuale di successi (80%). È il trattamento di scelta nei pazienti con FA complicata da instabilità emodinamica acuta; richiede l’anestesia del paziente. Non è una tecnica scevra da complicanze: embolia, ipotensione, depressione ventricolare sinistra, edema polmonare, aritmie, alterazioni del tratto ST-T, disturbi del nodo seno-atriale.

Dopo la conversione al ritmo sinusale, il problema che si pone è il mantenimento di tale ritmo. Circa il 50% dei pazienti con FA di recente insorgenza ritorna spontaneamente al ritmo sinusale nel giro di 24-48 ore. Tuttavia, il restante 50% presenta una recidiva della FA entro 1 anno. In particolare, solo il 30% dei pazienti non trattati con terapia antiaritmica cronica rimane in ritmo sinusale dopo un anno; i pazienti con FA da lunga data (>180 giorni), atrio sinistro dilatato (>4.6 cm), scarsa risposta agli antiaritmici, hanno la piú alta frequenza di recidiva.

D’altronde, l’utilizzo di farmaci antiaritmici è gravato da molteplici svantaggi, dovuti sia al meccanismo d’azione delle molecole che al loro basso indice terapeutico; si annovera infatti un effetto pro-aritmico, il cui rischio va bilanciato con i vantaggi nell’utilizzo caso per caso. 

Vantaggi nell'utilizzo dei farmaci antiaritmici

Svantaggi

  • Miglioramento dell’emodinamica

Scarsa efficacia

  • Prevenzione della dilatazione striale sinistra

Costi

  • Miglioramento sintomatologico

Effetto proaritmico:

  • nei pazienti con scompenso cardiaco, la terapia antiaritmica aumenta la mortalità rispetto al solo controllo della FV;

  • una metanalisi dei trias sulla chinidina ha mostrato un incremento della mortalità di 3 volte (2.9% dei pazienti).

  • Assenza di indicazione per la terapia anticoagulante

  • Riduzione del rischio di ictus

 Quando si decide per la somministrazione di una terapia antiaritmica, è buona norma seguire alcune misure di sicurezza:

  1. è consigliabile iniziare la terapia in ospedale e seguire il paziente nella 24-48 ore successive al ripristino del ritmo sinusale;

  2. è utile somministrare prima farmaci che rallentano la conduzione AV (digitale, calcio-antagonisti, b-bloccanti);

  3. monitorizzare il QRS ed il QT all’inizio della terapia; i pazienti che mostrano un aumento >25% sono quelli a più alto rischio (soprattutto con la chinidina) di sviluppare aritmie fatali, come la torsione di punta.

In ultimo, mai sottovalutare, nei pazienti fibrillanti, la terapia anticoagulante. Questa classe di pazienti ha infatti il rischio di mortalità vascolare doppio rispetto alla popolazione generale. Il rischio di ictus aumenta di 6 volte per la fibrillazione atriale non reumatica e di 17 volte per la FA valvolare, fino alla registrazione dell’incidenza di ictus  pari al 4,5% all’anno.

L'ictus, complicanza della fibrillazione atriale.

La FA è responsabile del 30% degli ictus nei pazienti di età compresa tra 80-89 anni, con una prognosi peggiore, maggiormente se sono presenti 2 o più dei seguenti fattori di rischio:

 osservazioni per la terapia di prevenzione dell'ictus nella fa cronica

Per prevenire tale complicanza si adotta un terapia che mantenga il sangue circolante molto "fluido" (terapia anticoagulante o antiaggregante) come prassi comune nei pazienti con età superiore ai 65 anni affetti da FA cronica.

  1. La terapia anticoagulante è efficace nella prevenzione primaria e secondaria degli eventi tromboembolici, la riduzione del rischio d’ictus è pari al 68%. L'intensitá ottimale della terapia con Warfarin non é stata ancora determinata con certezza. Tuttavia:        

  1. Al contrario, sono poche le evidenze sull’efficacia dell’aspirina, la riduzione del rischio d’ictus varia tra il 18% ed il 44%

  2. nei soggetti ad alto rischio (pregresso TIA od ictus, ipertensione, diabete) si somministra Warfarin (con dosaggi tali da mantenere l'INR tra 2 e 3, ottimale 2,5) oppure Aspirina (325 mg/die) solo se il warfarin è controindicato);

  3. nei soggetti a basso rischio (assenza dei sopradescritti fattori) invece di una terapia anticoagulante si adotta una terapia antiaggregante, per es.Aspirina (325 mg/die)

Ipotesi di comportamento terapeutico in FA persistente 

Età

Fattori rischio x ICTUS

Terapia

<65 anni

Nessuno

ASA

>65 anni

Nessuno

Warfarin

qualsiasi

1 o più (inclusa età>75 anni)

Warfarin

Grazie a: Prof. Mezzetti, Dott. Cipollone, Dott.ssa Pini da cui è stato attinto buona parte del testo, liberamente adattato.